Giornata internazionale contro l'omofobia, gli psicologi: “Attenzione all'omofobia interiorizzata”

Comunicato stampa del 17-05-2021

L'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna: “Una società non accogliente è responsabile di gravi implicazioni psicologiche su chi non ha identità e orientamento eterosessuale”

17 maggio - Depressione, ansia, esclusione sociale. Quando si parla di omofobia, spesso ci si dimentica di parlare di “omofobia interiorizzata”. Cioè delle conseguenze psicologiche che una società non accogliente può determinare a lungo andare su omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali e su tutti coloro che non hanno un orientamento eterosessuale. I quali, proprio perché sentono di vivere in un mondo che esclude o che non accoglie totalmente, vivono forme di stress importanti che possono evolvere in vere e proprie patologie.
Nella Giornata Internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia, l'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna punta l'attenzione su chi ogni giorno vive situazioni di discriminazione sul lavoro, sull'accesso ai servizi sanitari e in altri contesti sociali assumendo atteggiamenti autoaccusatori, mettendo in atto pratiche autolesive o addirittura, nei casi più gravi, arrivando al suicidio.

«Affrontare queste tematiche è fondamentale per tutti e anche per noi psicologhe e psicologi e per questo l'Ordine si impegna a promuovere una formazione continua e specifica per gli iscritti e le iscritte che operano in molteplici contesti di intervento e di ricerca», spiega Carmelina Fierro, coordinatrice della Commissione Pari Opportunità OPER che nei giorni scorsi ha organizzato un incontro formativo proprio sulla psicologia di genere. «I professionisti sanitari – continua - devono essere in grado di affrontare percorsi terapeutici non 'curando' ma sostenendo le persone nell'espressione della loro diversità».

Nello specifico, l'omofobia interiorizzata, dove “omofobia” è un termine ombrello che racchiude ogni avversione per persone non eterosessuali, «è un meccanismo psicologico di introiezione da parte delle stesse persone LGBT+ di pregiudizi, pensieri, atteggiamenti e sentimenti negativi di istanze sociali vicine e lontane di esclusione, discriminazione, dimenticanza e di non riconoscimento di diritti paritetici», ha spiegato la psicologa e psicoterapeuta Fulvia Signani, docente di sociologia di genere all'università di Ferrara che è intervenuta all'incontro. Tale meccanismo, ha spiegato Signani, porta a diventare ipersensibili e a vivere il senso dell’essere “minoranza discriminata”. La persona, più o meno consapevolmente, arriva a colpevolizzare se stessa per le proprie caratteristiche riferite a sesso, genere e orientamento sessuale. Le può risultare difficile, se non adeguatamente aiutata, a trovare un posto sereno nel mondo, con il rischio di arrivare a comportamenti autolesivi anche gravi.

«La grande conquista della depatologizzazione delle identità e orientamenti non binari (o uomo, o donna, ndr), configura una società postmoderna che non deve 'curare' ma accompagnare clinicamente certe situazioni – ha detto Signani -. Ricerche dimostrano inoltre che nei contesti in cui vengono approvate leggi inclusive, diminuiscono i tentavi e i suicidi di persone con identità non binarie».


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