Esercizio abusivo della professione di psicologo

L’esercizio delle professioni intellettuali è regolamentato in Italia dall’art. 2229 del Codice Civile, il quale affida alla legge la determinazione delle professioni intellettuali per l`esercizio delle quali e` necessaria l`iscrizione in appositi albi o elenchi, tenuti presso i relativi Ordini o Collegi professionali.

Per quanto riguarda la Professione di Psicologo, essa è stata regolata nel nostro Paese dalla Legge n. 56 del 18 febbraio 1989. “Psicologo” è quindi, dall’entrata in vigore di tale normativa, uno specifico “titolo professionale” il cui utilizzo è legalmente riservato a chi è iscritto al relativo Albo e le cui competenze comprendono “l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità” e “altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”.
Successivamente, con la Legge n. 170 dell’ 11 Luglio 2003, l’Albo degli Psicologi è stato suddiviso in due sezioni con relative attività regolamentate e riservate: nella Sezione A sono iscritti gli “Psicologi”, mentre nella Sezione B sono iscritti i “Dottori in tecniche Psicologiche”.

La legge 56/89, all’art.3, definisce e regolamenta inoltre l’attività di “Psicoterapia” ed il relativo titolo, specificando che la stessa può essere esercitata solo da Psicologi o Medici – iscritti ai relativi Albi professionali presso i rispettivi Ordini – in possesso di ulteriori requisiti stabiliti dagli artt. 3 e 35 della Legge medesima.

L’esercizio abusivo si configura, quindi, ogni qualvolta venga di fatto svolta un’attività che sia chiaramente riconducibile a una professione per la quale sia per Legge necessario avere una formazione ed un titolo adeguati. Nel caso della Psicologia, chiunque effettui le prestazioni definite precedentemente si trova perciò a commettere tale reato perseguito dall’art. 348 del Codice Penale; esso è, tra l’altro, di specie tale per cui lo Stato deve procedere d’ufficio ogni qualvolta un Organo della Pubblica Amministrazione effettua una denuncia in tal senso. Anche chi aiuta o favorisce tale reato è punibile ai sensi dell’art. 110 del codice penale e successivi. Lo stesso Codice Deontologico degli Psicologi richiede agli iscritti di contrastare tale pratica, in quanto di sicuro danno non solo per i professionisti sottoposti a concorrenza sleale, ma soprattutto per il cliente finale, che viene così a trovarsi esposto all’operato di persone incompetenti in una materia delicatissima che va ad incidere sulla salute psichica di utenti che spesso, già di per sé, si trovano in condizioni di fragilità (art. 8).

E’ infine tuttora attuale la fattispecie dell’illecito amministrativo di usurpazione di titolo, previsto e punito dall’art. 498 c.p., come depenalizzato dall’art. 43 d.lg.vo 30/12/99, n.507. Ad integrare la fattispecie è sufficiente l’arrogazione del titolo.
L’Ordine continua a partecipare al Tavolo UNI GL7 al fine di contrastare la pericolosa normazione a danno della salute dei cittadini
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anno 2020
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