Scuola senza voti: sì o no? - Intervista al prof. Butera

La “scuola senza voti” è stata recentemente oggetto di interesse dei media nazionali. Come Gruppo di lavoro di Psicologia scolastica dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna abbiamo pensato di rivolgerci a Fabrizio Butera, professione ordinario di Psicologia Sociale all’Università di Losanna, Svizzera, per condividere con la comunità professionale e i cittadini i risultati della ricerca scientifica e andare oltre le opinioni individuali.

Abbiamo chiesto al prof. Butera, che si occupa del tema da molti anni, cosa emerge dalla ricerca scientifica sull'uso dei voti a scuola. Ecco cosa ci ha risposto:  “Tradizionalmente, la questione dei voti si è posta in termini politici (in relazione alla questione del merito) o in termini di didattica (per trovare la forma di valutazione più precisa). Questo perché si parte dal presupposto che i voti vengano usati come strumento di misura una volta che la fase di apprendimento è terminata. Ma l’uso dei voti ha un impatto sull’apprendimento e sulla riuscita scolastica degli allievi, e esistono numerosi studi sugli effetti negativi dell’uso dei voti; negativi perché l’uso dei voti—della valutazione normativa—è minaccioso, è associato alla rappresentazione della scuola come luogo di selezione più che di formazione, dove i risultati determinano il futuro del percorso scolastico e professionale”.

In particolare, i risultati delle ricerche svolte dal prof. Butera ci dicono che:

I voti riducono la motivazione intrinseca. Una serie di esperimenti mostra che il lavoro scolastico valutato con i voti, piuttosto che senza, riduce il piacere, l’interesse e l’impegno a lungo termine. Questo perché gli allievi si sentono meno autonomi (lavorano “per i voti”). I voti aumentano la paura dell’insuccesso rispetto alla loro assenza o all’uso della valutazione formativa, quella che informa sul modo di migliorare il proprio lavoro. Numerosi risultati sperimentali evidenziano che i voti portano a temere la valutazione, il che ha un impatto negativo sui risultati scolastici.  I voti riducono le competenze trasversali, come la capacità di tenere conto delle informazioni degli altri, di condividere le informazioni e di coordinarsi nel lavoro di gruppo. Usare i voti ha un impatto anche sui valutatori, sotto forma di stimolo a riprodurre le disuguaglianze sociali già esistenti. Una linea di più studi ha mostrato che, a parità di risultati, il lavoro di un allievo di classe operaia veniva penalizzato rispetto a quello di un allievo di classe agiata.

Infine, abbiamo chiesto al prof. Butera quali sono le soluzioni per contrastare gli effetti negativi dei voti a scuola:
“Le soluzioni sono conosciute e esistono da tempo. La valutazione formativa permette di focalizzare gli allievi sull’apprendimento, sullo sviluppo, sul progresso, invece che sul confronto con gli altri. Gli effetti benefici della valutazione formativa sull’apprendimento sono apparsi in un gran numero di studi. L’apprendimento cooperativo può essere utile per ridurre le disuguaglianze sociali e focalizzare gli allievi sull’apprendimento comune invece che sulla concorrenza; gli effetti benefici sull’apprendimento sono apparsi in centinaia di studi. Dal punto di vista della formazione degli insegnanti, la focalizzazione sulla funzione formativa, piuttosto che selettiva, della scuola potrebbe portarli a rivestire un ruolo di mentore, piuttosto che di filtro.”